ll TUFFATORE
Non so più tuffarmi di testa
Che è la cosa più bella dei tuffi
Un disturbo ad un orecchio me lo impedisce –
Il bello di tuffarsi è farlo di testa-
Mi affascina l’affresco “Il tuffatore”
Per la sua armonia
Bellezza
Elasticità
Per i suoi colori
E soprattutto
Perché non è stato creato
Per essere vistoDa un “pubblico” –
Ma per chiudere una tomba –
Non mi stanco
Di vedere le rappresentazioni
Che esistono –
E vorrei andare a Paestum
Solo per vedere “Lui”
Che si tuffa volentieri
Nella sua morte.
IL TUFFATORE
18 AprINCOMPIUTO
2 AprIncompiuto
che non vuole finire
che non può finire
infinito dunque –
l’universo lo è
e noi siamo appunto un universo
o l’universo –
che qualcosa sia in sè compiuto
è impossibile
tutto muore ma continua –
è per questo che i buddisti
parlano di illuminazione:
qualche privilegiato
si è “compito”
con fatica o all’improvviso
Io che sogno tanto
8 GenL’ho perso
eppure c’era
anche chiaro all’inizio –
ma poi
l’ho perso subito
tutto-
o forse
preferisco
non ricordare
Ci sono cose che anche se si muovono sono ferme
7 LugCi sono cose che anche se si muovono sono ferme –
la mente ad esempio
o anche questo vento che mi sputa in facci aria
ancor calda –
il pruno davanti a me è troppo grande
e si muove appena –
nell’intrigo di rami e foglie è fermo –
le cose che si ripetono sono ferme –
non hanno tempo e spazio
per muoversi davvero
quell’oggetto
22 OttQuell’oggetto
che ti ricorda una persona
l’oggetto non il ricordo
ti fa star male –
e allora lo butti
Improvvisazione su Lungo il portico in lontananza
18 NovLungo il portico in lontananza corre un cane nero –
portico di Bologna illuminato da luce artificiale
è un cane piccolissimo da tanto che è lontano –
prendo al laccio un palloncino rosa piccolo anche lui
il filo è lungo arriva al cielo
e anche oltre
e allora non lo vedo
si è rotto, è scoppiato
non esiste più –
esistere è pensare, camminare
e avere in corpo un po’ di gioia
a me la dà bere il caffè
che non so perché ho cominciato ad adorare
forse perché è una cosa amara e nera
che ha bisogno di un’altra cosa per poter essere bevuta –
godo quando mi permetto una mezza tazzina di caffè caldo
ma perfino freddo
se dal mattino è avanzato
e non lo riscaldo
perché riscaldato il caffè fa schifo.
Un bellissimo documentario degli anni ’60 sulla scuola di scrittura di Boulder dedicata a Jack Kerouac
24 Feb
Contiene testimonianze dirette dei protagonisti della beat Generation; è presente anche Timothy Leary che dice cose stravaganti ma di grande interesse. Ci sono filmati dell’epoca davvero inediti sulla scuola di scrittura di Boulder dedicata a Jack Kerouac. Vi compaiono Ginsberg, naturalmente, ma anche Corso, Orlovsky, Waldman, Burroughs, gli studenti che la frequentano. Ci sono letture di poesie in mezzo alla strada, piccole manifestazioni contro la guerra interrotte da poliziotti che hanno la stessa età degli studenti e tutto sommato si comportano in modo gentile, li invitano a spostarsi dal centro della strada o li spostano di peso ma con maniere non violente.
Un mondo a parte quello beat-psichedelico-hippy nelle sue manifestazioni più spontanee, prima che il mercato se ne impossessasse.
Alla scuola di scrittura le lezioni avvengono in luoghi informali, tipo soggiorni con sedie e poltrone sparse qua e là. Gli insegnanti parlano come viene loro di fare lì per lì, in modo del tutto spontaneo, improvvisato, stanno in mezzo agli studenti, non c’è separazione tra gli uni e gli altri. Magnifico, teatrale, Ginsberg quando legge le sue poesie accompagnato dall’harmonium che suona anche bene. Burroughs, come dice Ginsberg nel commento al documentario sembra uno della CIA dai modi di fare calmi e prudenti. Adorante la sempre presente Fernanda Pivano che ascolta scegliendo un angolo della stanza in cui rifugiarsi dalla luce accecante di tanta genialità raccolta tutta insieme davanti a lei.
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