dalla pianura
dal macero e cespugli
giunge una nebbia bassa –
sembra polvere
alzata da zoccoli
di cavalli al galoppo
che vengan da lontano
Nebbia
30 GenHospice: si è parlato di certi amici
28 GenSi è parlato di certi amici
che di qua sono passati
e ora non abitano più
nè qua
nè nelle loro case –
di uno in particolare
che viveva lassù
tra le montagne
amante della musica
dei libri
del libero poensiero –
e allora
da questi racconti
sempre la stessa domanda
non sei più qui
ma il là
dov’è?
com’è?
c’è?
Oggi all’Hospice
27 GenOggi non ho distolto lo sguardo
dal viso morente –
prima sì
avevo paura
di vedere in quel viso
il mio futuro viso
non volevo vedere
non volevo sapere
quel che succede
a tutti –
ma c’è un sentimento
che ti fa guardare
lei/lui morente
che sei tu morente –
è l’empatia
la vicinanza
quella che in maniera altisonante
il buddismo chiama compassione –
e allora puoi stare lì
e sentire l’affanno del respiro
e l’apnea lunga
dove c’è già
quel che sarà
ma non è ancora –
non lo voleva il pace -maker
diceva
“ con il pace – maker
non si muore mai”
La ragazza mesta
19 GenIn autobus ho visto
una ragazza mesta –
si guardava intorno
ma gli occhi non vedevano
neri di pece
come le occhiaie
non guardavano –
il giaccone verde-grigio
attillato militare
mi ha mosso un ricordo –
ero io la ragazza mesta
o era il giaccone
a essere simile
ad un altro
però largo
londinese mitico
e sapeva di altri inverni
altra gente
altre strade?
Hospice
17 GenCaro G.
abbiamo parlato
con te tante volte
scherzavi
anzi no
non è che scherzavi
sulla tua morte –
però ne parlavi
come di cosa
che avevi risolto –
quando “qui” si parla con qualcuno
più di tre volte
per un po’ di tempo
quella diventa una relazione
un’amicizia
perché “qui”
la vita va più in fretta
e non c’è tempo
davanti a noi
non c’è tempo
non c’è tempo da perdere
per studiarsi
piacersi o non piacersi –
Caro G.
Ci hai fatto sorridere
e ci hai parlato di te
e ci hai chiesto di noi
e davvero volevi sapere di noi –
e ti piaceva parlare con noi
a noi piaceva così tanto parlare con te –
ci sentivamo rassicurate
dalla tua consapevolezza
e spero tanto
non solo per te
ma anche per me
che l’avessi davvero raggiunta
quella consapevolezza
e quella distanza
dalla tua morte –
allora è davvero possibile,
ho pensato,
e ti ho ammirato
e quella consapevolezza
e distanza
l’ho sperata anche per me
Nel pensiero
14 GenNel pensiero che sa di sogno
o nel sogno che sa di pensiero
raccolgo foglie secche
su un uscio
che sa di mare
Ieri all’Hospice
10 GenAccarezzavi la sua fronte
di continuo
lui dormiva
di un viso sofferente
di un corpo ancora pieno
del fiato della vita –
accarezzavi la sua fronte
con insistenza
col palmo
sulla sua fronte ampia
bianca –
io ti parlavo
di quello che diciamo
noi del Mercoledì
“vuole un po’ di thè?
Una fetta di ciambella?”
Tu mi ascoltavi
ma non smettevi
di premere di carezze
su quella fronte
d’uomo che dormiva –
avevi un viso scuro di passione
hai accennato un sorriso
senza dire né sì né no
“ se vuole glielo porto qui il thè”,
ho detto –
sì perché qui si parla di thè e ciambelle
in stanze dove si soffre e si muore
qui
è tutto mischiato
Nel buddismo tibetano
6 GenNel buddismo tibetano
c’è il fatto dell’estetica
dell’estetica dei riti e dei colori
delle immagini
e dell’aria estatica ma felice
sincera
dei monaci tibetani
che gli altri
i monaci occidentali
non hanno quell’aria lì
e un po’ pena mi fanno
per via delle privazioni
della disciplina
degli obblighi
e della castità
che dev’essere una tortura per tutti
ma soprattutto per loro
gli occidentali
che sono abituati
al libero amore occidentale
all’idea radicata
che fare l’amore fa bene
e non farlo fa male –
insomma
come dicevo all’inizio
nel buddismo tibetano
c’è questo fatto
dell’estetica amaranto ammaliatrice
che davvero ti prende
e ti porta in un bel posto
bello dove si sta bene
e da lì non ti vorresti
neanche più muovere –
è un posto caldo tranquillo
senza preoccupazioni, ansie
malattie, mancanze
e morte –
c’è questo
fatto dell’estetica
che è data
dalla apparente semplicità
delle vesti amaranto
e dalla reale complessità
delle immagini e dei riti
e di tutte quelle divinità
che non sapevamo
che non conoscevamo
e così nel buddismo tibetano
c’è questo fatto dell’estetica
che è così forte
che ti viene
da fermarti lì
e restarci –
poi c’è il resto
che sei tu
con te stesso –
e lì è difficile
è la selva oscura
non è confortevole
ed è vuota
di colori
immagini
e divinità
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