Dal finestrino del treno
già il biondo del grano
gente al lavoro
due uomini su un terrazzo –
l’aria condizionata mi dà fastidio –
dopo sulla piazzetta
passa gente
studenti perlopiù –
accanto a me
sull’unica panchina
una donna ( forse tedesca )
guarda una mini carta
di certe vie della città
mi sorride, poi va via –
penso sempre
vengo in città a scrivere
ma ora che ci sono
ho poco da dire –
la gente sembra sempre la stessa
una donna troppo grassa
rondini attraversano il sole
le torri antiche incombono
Sul treno e in città
11 GiuPensando a come deve essere vivere in città
2 DicPensando a come deve essere vivere in città, proprio nel centro della città, mi domandavo se davvero mi piacerebbe come penso a volte o se invece tutta quella gente che va e viene e non si /ti guarda in faccia mentre cammini, che non incontri uno sguardo neanche a pagarlo oro, insomma pensando in un secondo a tutto questo, mi è venuta in mente, non so perché una ragazza che ho visto tempo fa su un autobus, l’unica persona che mi ha colpito, fulminato quasi di tutta la gente che c’era su quell’autobus. Aveva una bottiglietta d’acqua in mano e ogni tanto ne beveva un sorso anche se era inverno. Aveva capelli abbastanza lunghi, biondi ma tipo meshes di qualche mese, scomposti, come li avesse lavati e poi asciugati così com’erano, come la mia amica che ho visto ieri e che era appena stata in piscina e li aveva asciugati come viene viene. Ecco quella ragazza dell’autobus aveva capelli un po’ punghi come viene viene, mossi e un po’ ricci qua e là. Per me erano bellissimi e anche lei lo era, eppure non è che la gente sull’autobus la guardasse, doveva apparire come una ragazza carina qualunque. Per me invece fu dal primo sguardo speciale, una ragazza speciale. Quando l’autobus si è fermato in pieno centro siamo scese tutte e due e l’ho seguita anche se lei camminava molto veloce. Poi si è fermata ai tavolini di un bar molto grande. Mi sono fermata a guardarla di là da una lastra di plexiglass che ci separava. Aveva un viso tondo, gli occhi marroni. Mi ricordava una tipa che conoscevo tanti anni fa. Avrei voluto andare al di là di quella parete e interrompere la sua conversazione con le persone che stava incontrando al tavolino di quel bar per dirle: mi racconti la tua storia che così dopo la scrivo?, sono sicura che è una storia speciale come speciale sei tu. Inventarla ora non so farla. Mi verrebbe una storia banale tipo studentessa che nel tardo pomeriggio incontra gli amici e dopo che fa? Va a un cinema?
Strade di città
23 MarCapelli rasta
belli, lunghi, neri
viso di ragazzo-bimbo
cubano, colombiano
comunque latino –
ma ha due seni piccoli
sotto la maglietta di ragazzina –
niente borsa, zainetto
solo un telefonino in una mano
e uno sguardo che vaga
senza guardare nessuno –
mi ricorda la Schneider di Ultimo Tango –
quanto sei bella
vorrei dirle –
lei non se ne cura
la sua è la bellezza più luminosa
quella inconsapevole di sè –
poi scende dall’autobus
vorrei andarle dietro
fermarla
parlarle
chederle -per scriverla-
di raccontarmi la sua storia
***
Poi la ragazza
seduta sotto il portico
ad un tavolo del Mc Donald’s –
non sembra lì per mangiare
non sembra lì per bere –
sembra lì per stare lì
immobile
rilassata anche –
immobile sta lì
magari da ore
per altre ore –
è un modo di vivere che conosco
per questo l’ho riconosciuta questa ragazza
andavo alle feste
perché bisognava andarci
battezzavo un angolo
e lì rimanevo
presa da un’immobilità del corpo
comandata
dalla mia, di allora,
immobilità dell’anima
***
Poi ho visto uno –
capelli lunghi neri
lucidi
ho pensato
appena lavati –
l’aria del faccio niente
ilgolfino
tenuto da una mano
l’andatura
del vivo in periferia
mi sono appena alzato
e ora vado in centro
***
Poi una donna –
capelli neri tinti
magliettina nera sottile
attillata –
un viso che un tempo
doveva essere stato un bel musino –
molto anziana –
mi ha ricordato il “Gatto nero”,
da giovani ci andavamo
a sfottere i vecchi
che ballavano il liscio
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